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Il trittico “Poliedrica” di Arrigo Musti, dedicato a Topazia Alliata FABIO_FLORIO
Arte e vino vanno sempre più a braccetto da quando le cantine più prestigiose – spesso disegnate da vere e proprie archistar – si sono dedicate a rafforzare questa liaison attraverso collaborazioni con artisti che creano opere ad hoc, disegnano etichette oppure installazioni site specific.

L’ultima di queste collaborazioni è nata, in Sicilia, tra l’azienda vinicola Duca di Salaparuta e Arrigo Musti, artista figurativo di Bagheria che, con un nuovo coloratissimo trittico, ha celebrato la vita e l’eredità culturale della nobildonna siciliana Topazia Alliata nella sede delle Cantine a Casteldaccia, da lei guidate fino al 1961. Il titolo dell’opera – “Poliedrica”, quale era Topazia – ben riassume l’essenza di una donna rivoluzionaria, prima di una lunga e ininterrotta serie di “donne del vino” isolane dedite all’arte: era infatti pittrice e imprenditrice, gallerista e promotrice della cultura, tutte caratteristiche che l’hanno resa un simbolo di emancipazione e modernità.

Topazia Alliata tra Renato Guttuso e Basilio Franchina. Fonte: Palermo Gds

Chi era Topazia Alliata

Un nome da riscoprire, quello di Topazia. Figlia del Principe Enrico Alliata di Villafranca, moglie di Fosco Maraini e madre di Toni, Yuki e Dacia Maraini, è stata fin da giovane un simbolo di libertà e anticonformismo. Nata nel 1913 a Palermo, cresciuta tra Palazzo Alliata di Villafranca e la splendida Villa Valguarnera dei Duchi di Salaparuta a Bagheria, Topazia Alliata matura in un ambiente familiare illuminato e artisticamente stimolante: se la madre aveva studiato canto lirico con il tenore Caruso, il padre era vegano, crudista, teosofo, grande viaggiatore e appunto creatore di vini nelle tenute di famiglia che il nonno Giuseppe Alliata aveva convertito alle vigne nel 1824, dopo l’abolizione dei privilegi feudali. In un contesto così illuminato, Topazia, che fin da bambina era abituata ad andare in vigna col padre e a indossare i pantaloni, è allergica alle costrittive regole sociali femminili: ancora ragazza, gira da sola in città dando scandalo, scala montagne, decide di studiare arte alla Scuola Libera del Nudo dell’Accademia di Belle Arti di Palermo e aderisce a un movimento pittorico d’avanguardia dove conosce Renato Guttuso, protagonista del filone neorealista italiano, con cui inizia un’amicizia (inizialmente romantica) e un sodale sostegno (realizzeranno anche opere a 4 mani) che durerà tutta la vita.

Proprio al Museo Guttuso, che occupa interamente Villa Cattolica a Bagheria, si può ammirare “Arsura”, un importante nudo femminile dipinto da Topazia nel 1932, circondato dalle tele più famose del pittore bagherese, padre del realismo sociale, tra cui l’ultimo e non finito olio del 1986, “Nella stanza le donne vanno e vengono”, che sembra raffigurare Marta Marzotto – sua amante – in diverse pose (proprio il Museo Guttuso, tra l’altro, è al centro di un tour speciale nei luoghi d’arte di Bagheria insieme all’artista Francesco Domilici, organizzato dall’hotel Villa Igiea per gli ospiti delle Forte Suites). […]

La facciata di Palazzo Alliata di Villafranca. Foto di Federico Chiara.

Se Topazia, principessa proveniente da una delle più nobili famiglie siciliane, sia stata il primo amore del piccolo borghese Renato Guttuso, non è cosa accertata. Ma è sicuro che la loro relazione culturalmente intensa attraverserà gli anni della maturità, quelli in cui Alliata sposerà Fosco Maraini. Anche questo amore fu estremamente avventuroso: si conobbero viaggiando, per ufficializzare il loro fidanzamento mandarono ai genitori di lei una cartolina in cui apparivano nudi, di spalle, su una spiaggia; quindi il matrimonio a Firenze nel 1935. Lui, brillante antropologo fiorentino, si guadagna una cattedra in Giappone, ma rifiutando il fascismo viene imprigionato insieme a Topazia e alle figlia in un campo di concentramento, dove si taglia un dito per dimostrare il suo coraggio e guadagnare il rispetto dei carcerieri. Dopo la guerra i Maraini tornano in Italia. Ma i coniugi si separano. Topazia resta a Bagheria, nella grandiosità di Villa Valguarnera, dedicandosi quindi a crescere Toni, Yuki e Dacia e a produrre vini nelle cantine di Casteldaccia, dove crea il famoso Colomba Platino, ancora oggi prodotto da Duca di Salaparuta. Grazie alla sua attività di animatrice culturale a Palermo, sempre più frequenti sono i viaggi a Roma dove si trasferisce per aprire, nel 1959, la sua omonima galleria a Trastevere dedicata alla promozione della giovane pittura d’avanguardia. E’ costretta a chiudere nel 1964 per problemi economici, ma l’arte rimane nel suo cuore durante gli anni successivi, fino alla scomparsa a 102 anni, avvenuta nel 2015.

Tenuta Suor Marchesa di Duca di Salaparuta, dove si coltiva l’uva di Nero d’Avola

La Fondazione Sant’Elia di Palermo, nel 2016, le ha dedicato una grande mostra: “Topazia Alliata. Una vita per l’arte”. «Non so perché mia madre abbia smesso di dipingere», dichiarò Dacia Maraini in quell’occasione. «Probabilmente non aveva abbastanza fiducia nel suo lavoro. Come tante donne, portava in sé la memoria atavica della sfiducia istituzionale».

Topazia Alliata con i figli Dacia, Yuki e Toni alla fine della guerra, a Nagoya in Giappone. Lei era l’unica donna e loro erano gli unici bambini a essere tenuti in campo di concentramento. Fonte Wikicoomons (Fondo Fosco Maraini)

L’autoritratto di Topazia Alliata con piccozza, e il “Ritratto di Alpinista (Fosco Maraini), del 1933, in mostra alla Fondazione Sant’Elia nel 2016.

Un salone di Palazzo Alliata di Villafranca. Foto di Federico Chiara

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